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a leggenda di Glauco Ricordate la triste storia di Scilla? Ebbene questa novella che adesso si passa a narrarvi ne è la naturale prosecuzione. Si snoda attraverso i fatti che costellarono l'esistenza di Glauco (nell'immagine con il padre Nettuno), un giovane campione di bellezza e virilità che viveva a Capo Peloro, il vertice nord orientale della Trinacria e del quale la giovane ninfa si era innamorata. La povera Scilla, trasformata in mostro ringhiante dalla maga Circe che voleva campo libero con Glauco, rimarrà relegata per sempre al suo ruolo mostruoso. Ma al suo bel giovane il destino non riservò sorte tanto migliore, almeno fino a vecchiaia raggiunta.
Torniamo indietro nel tempo.
Scilla è da poco un mostro, relegata nelle profondità marine, talmente infuriata con la vita e dominata dalla natura bestiale della sua trasformazione che fa continuamente strage dei vascelli di passaggio per lo Stretto che molto più avanti verrà chiamato "di Messina". Al contrario, la maga Circe può godersi Glauco in totale libertà e senza temere alcuna concorrenza femminile. La festa però dura fino alla successiva primavera, il tempo di una passione rivelatasi alquanto effimera. Così la fattucchiera decide di ritornare alla sua isola, ma prima vorrebbe mutare Glauco in un animale, destino comune a tutti i suoi precedenti amanti. Solo una cosa la ferma, il fatto che il bel giovane biondo è figlio di Nettuno. Un po' stizzita per non aver potuto soddisfare il suo capriccio, Circe va via. Solo in quel momento, rimasto solo, Glauco riconosce il valore della passione di Scilla, ma cade in una profonda tristezza quando gli raccontano che fine ha fatto la ninfa. Così, ogni giorno, il ragazzo esce con la barca fuori dalle acque dello Stretto e si avvicina all'antro di Scilla. Lì giunto, la chiama a gran voce e le racconta di quando si incontravano sulle spiagge di Capo Peloro. L'orrido mostro spesso tenta di attaccarlo, poi il residuo della sua natura di donna e di ninfa la ferma. Scilla si calma, ascolta per un po' e infine rientra nelle sue buie caverne. Glauco, afflitto e disperato, gira la barca e torna sulla spiaggia. La scena continua a ripetersi tante e tante volte, da non poterle contare. I due restano prigionieri di un amore che non potrà mai esprimersi.
Gli anni sono passati, Glauco è ormai vecchio. Gli fanno compagnia solo ricordi e rimorsi. Il viso incorniciato da capelli e barba bianca e lui continua ad andare per mare a pescare del pesce e a ripetere quell'eterno rito. all'ultima uscita per mare, vede un'isola straordinaria. Sbarca e vede alberi e fiori a profusione. accanto a una spiaggia, un largo spazio coperto da un soffice tappeto d'erba verde dai riflessi argentei. Stanco e triste, Glauco mette al sicuro la barca e si sdraia su quel tappeto verde così invitante e riposante. Spinto da chissà quale pulsione, assaggia un ciuffo d'erba.
Sorpresa!
Quel vegetale ha un sapore favoloso che gli riporta alla mente biscotti e pappe di quando era bambino. Ne prende ancora e mette in bocca e ancora erba e ancora, fino quasi a scoppiare.
Glauco non è solo sazio adesso. Una magia prende forma e si dischiude. Qualcosa cambia in lui. Un nuovo vigore, la schiena si raddrizza come se non sentisse più il peso degli anni, i muscoli si rimpolpano. Poi dai piedi la sua pelle inizia a colorarsi di verde, fino ai peli, la barba e i capelli. Riluce tutto quanto come un pesce che guizza dall'acqua e viene colpito dai raggi del sole. Il mare diventa attraente e si tuffa. Glauco vola nell'acqua, sfiora le profondità marine, nuota insieme ai pesci.
Adesso è un tritone, creatura marina in simbiosi con gli abissi. Decide comunque di restare nella zona dello Stretto e lì, nel fondo trova una splendida villa sottomarina che farà diventare il suo castello.
Non si sa se da quel momento continuò a vedere Scilla, se con lei condivise quella splendida abitazione, ma la leggenda narra che quando c'è tempesta, Glauco solleva il capo al di sopra delle onde e subito il mare torna a essere calmo, come quando Scilla era ancora una ninfa di straordinaria bellezza. Proprietà intellettuale e copyright © Giuseppe Maria Salvatore Grifeo |
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