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ifeo il gigante (o Tifone/Τυφῶν – nell’immagine a lato: Zeus scaglia fulmini contro Tifeo, scena da un’Idria di Vulci del VI sec. a.C. esposta allo Staatliche Antikensammlungen di Monaco – Nel ritratto più in bassoTifeo schiacciato dalla mole dell'Isola e lì imprigionato) È la storia di una lotta senza quartiere che alla fine vede la sconfitta del gigante Tifeo, costretto per sempre a sostenere il peso di un’isola, la Sicilia. Il mito tende a spiegare in questo modo il motivo delle continue eruzioni dell’Etna e i non pochi movimenti tellurici di questa terra. Tifeo è figlio di Tartaro, personificazione degli Inferi e di Gea, la Madre Terra. Il gigante è orribilmente mostruoso, con una voce rimbombante e centinaia di teste di drago. Da quando è nato viene destinato dalla madre ad una lotta senza quartiere contro Zeus colpevole di aver sconfitto i Titani, anch’essi figli di Gea. Nel corso di uno dei tanti combattimenti fra i due, Tifeo fugge verso oriente per riordinare la sua strategia. Arriva così ai limiti del territorio siriano e si ferma in attesa. Ricomincia la lotta con Zeus, ma questa volta il gigante strappa l’arma dalle mani del Re degli dei. Con questa taglia i tendini dei piedi e delle mani di Zeus, poi lo scaraventa dentro una grotta in Cilicia, distretto sulla costa sud orientale dell’Asia Minore. Il Re del Pantheon greco riceve però l’aiuto di Hermes e Pan che ritrovano i suoi tendini, lo rimettono in sesto e lo riportano sull’Olimpo, pronto a ricominciare il confronto. Forse Tifeo avrebbe vinto ancora una volta, ma il fato ci mette lo zampino. Sul monte Nisa, le Moire (le tre filatrici, le Klothes, rappresentanti il destino) lo rifocillano con frutti solitamente destinati ai mortali: lui, creatura divina, al contatto diretto con quel cibo, inizia a perdere le forze. Zeus approfitta subito dell’occasione e ferisce profondamente il gigante che inizia a perdere tantissimo sangue (da quel momento il monte dove si è svolta quest’ultima fase della lotta, viene chiamato Emo, sangue in greco). Tifone fugge in Sicilia, ma il Re degli dei lo insegue e lo imprigiona per sempre sotto l’Etna. La tradizione popolare vuole che Tifone sostenga la Sicilia
in una sorta di crocifissione. In questo modo bisogna infatti
immaginare il corpo del gigante, supino, con la testa verso est, i
piedi verso ovest e le due braccia tese perpendicolarmente al corpo
lungo l’asse nord-sud: Tifone sorregge Messina con la mano destra,
Pachino con la sinistra, Trapani gli sta poggiata sulle gambe e il cono
dell’Etna sta proprio sulla sua bocca, rivolta verso l’alto. Ogni volta che si infuria, Tifeo fa vomitare fuoco e lava dall’Etna. A ogni suo tentativo di liberarsi dal legame eterno, ecco che si scatenano i terremoti. Proprietà intellettuale e copyright © Giuseppe Maria Salvatore Grifeo |
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